Il filosofo e sociologo tedesco Theodor Adorno definì, a seguito di una ricerca condotta insieme ai suoi collaboratori a Berkeley, il tipo personologico autoritario. Così anche noi, che non siamo così presuntuosi da sentirci acculturati nè così arroganti da disprezzare il prossimo definendolo “asino”, “paffutello” o peggio ancora, vogliamo solo proporvi spunti di riflessione da condividere insieme, convinti che il confronto sia il pilastro del rispetto per l’altro, la matrice della relazione e lo stimolo del progresso.
Secondo Adorno, le personalità autoritarie si riconoscono immediatamente a livello politico per l’uso e l’abuso del potere. Le loro menti sono piene di pregiudizi e governate dal desiderio di dominio e di possesso, sono personalità ciniche, la cui morale è fatta di due pesi e due misure e di intolleranza.
Se ci pensate, dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli studiosi e il mondo accademico non poterono fare a meno di chiedersi come il razzismo, i pregiudizi e l’autoritarismo potessero aver spinto il mondo nel baratro. Facile sarebbe obiettare che, oggi come oggi, le conclusioni di Adorno siano fuori contesto, poiché si trattava di altre circostanze e di altri tempi, ma lo sappiamo tutti: le persone autoritarie e la voglia di potere ci sono sempre state e sempre ci saranno.
Continuiamo con Adorno: la personalità autoritaria mostra cieca obbedienza verso determinati valori e costumi e categorizza il mondo con rigidità e semplicità. Per costoro gli altri si dividono in “chi sta con me e chi contro di me”; chiunque mostri opinioni alternative o discrepanze viene denigrato, spesso sul piano personale. Per il tipo autoritario, le inclinazioni politiche, la religione e perfino la squadretta di calcio preferita sono come templi intoccabili che gli altri devono rispettare e abbracciare con la stessa venerazione. Come se non bastassero Adorno e la scuola di Francoforte, possiamo rifarci anche ad Hans Kelsen, padre del giuspositivismo:
“Da un un punto di vista psicologico la sintesi di libertà ed uguaglianza, caratteristica essenziale della democrazia, significa che l’individuo, l’ego, desidera la libertà non solo per se stesso, ma anche per gli altri, per il tu”. Secondo Kelsen, ognuno di noi si caratterizza per un grado diverso di intensità con cui è attratto dal dominio. Maggiore è questa brama, minor rispetto ci sarà per l’altro e per la sua libertà di parola e dissenso. Sempre secondo Kelsen, questa è la matrice dell’assolutismo, in cui la volontà di chi governa, e non la volontà di chi è governato, diviene legge.
Noi di Cittàtrepuntozero crediamo fermamente che la democrazia non possa essere un dominio assoluto poiché, per definizione, la maggioranza prevede la minoranza, ne riconosce l’esistenza politica e ne protegge i diritti.
Quindi sarebbe meglio evitare di salire in cattedra a pontificare e prima di accusare gli altri di “riempirsi la bocca di paroloni”, bisognerebbe avere un barlume di consapevolezza e chiedersi:“ Quanto so di questo argomento?”.
In caso di scarsa o nulla conoscenza meglio tacere.
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